Linea nigra by Jazmina Barrera

Linea nigra by Jazmina Barrera

autore:Jazmina Barrera [Jazmina Barrera]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2023-05-31T22:00:00+00:00


iv

L’albero della nostra carne

I bambini hanno bisogno di genitori allegri, dicevano in un documentario sullo sviluppo infantile. Mi hanno appena detto che mia madre deve essere ricoverata, e mentre gioco con Silvestre penso a questo: che i bambini hanno bisogno di genitori allegri.

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Sogno la notte in cui sono nata. Non è un sogno, è piuttosto una visione nel dormiveglia, in uno stato di sfinimento assoluto. Sento che il buio della stanza è il buio del ventre, e che sono piccola, minuscola, e il letto come un paio di mani che mi sorreggono quando arrivo in un buio diverso.

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Il mio pezzo preferito di Little Labors è quello in cui Rivka Galchen dice che i bambini ti danno un motivo per vivere. Ma sono anche un motivo per non morire, che ti proibisce di morire. E che ci sono giorni in cui questa cosa non ti fa star bene.

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Ogni tanto mi viene in mente la canzone La llorona. Secondo la leggenda La llorona, donna che piange, è una madre che ha perso i figli, la Malinche, che piange per le strade e urla: “I miei figli!”. Ma nella mia mente la canzone parla di una neonata. Di una neonata che piange tanto. Lo penso anche per via del verso: “Si ya te he dado la vida, llorona, ¿qué más quieres? ¿Quieres más?”, “Se ti ho già dato la vita, llorona, che altro vuoi? vuoi altro?” E per la frase, “dare la vita”, che si può leggere come “dare alla luce” e come “donare la propria vita”. Penso molto a La llorona, e in particolare all’altra variante del verso: “Te quiero más que a mi vida, llorona, ¿qué más quieres? ¿Quieres más”, “Ti amo più della mia vita, llorona, che altro vuoi? Vuoi altro?”

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Quando scattò la fotografia di Luz Jiménez che allatta Conchita, Tina Modotti aveva trentun anni. Era arrivata in Messico cinque anni prima, seguendo il marito Roubaix de l’Abrie Richey. Ma Robo, come lo chiamavano, morì poco dopo aver toccato il suolo messicano, e Tina se ne andò per poi tornare con l’amante, il fotografo Edward Weston. In Italia Tina lavorava in una fabbrica tessile, prima che l’intera famiglia emigrasse negli Stati Uniti. Lì fece la modella e l’attrice, e conobbe Edward Weston. Insieme decisero di scappare in Messico, nel Messico postrivoluzionario, in piena ebollizione.

Nei ritratti che Weston fece di Tina, e nei suoi autoritratti, è evidente la bellezza che le aveva procurato la fama di donna fatale. Tina divenne apprendista di Weston, ma ben presto si allontanò dai suoi parametri estetici sublimi e si avvicinò alla fotografia documentaria. Era già a quel punto quando fotografò Luz Jiménez che allattava Conchita, un paio di anni prima di abbandonare la fotografia per concentrarsi sulla lotta politica.

Per un problema all’utero, Tina non poté mai restare incinta. Non sappiamo se dietro le sue immagini di madri e figli, in quello sguardo, ci siano anelito o sollievo, ma senza dubbio c’è curiosità. Nel 1929 fotografò una messicana



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